Sabato pomeriggio, durante Scozia-Italia, le telecamere hanno inquadrato uno striscione che faceva a cazzotti con il clima civile degli spalti scozzesi: "Verità per Gabriele. Ora ammazzateci tutti".
Emulare lo striscione dei ragazzi di Locri per proporre una assonanza tra giovani onesti e Ultras è una strumentalizzazione immorale.
Dispiace a tutti per la morte di Gabriele ma di certo la stessa nulla ha a che fare con il calcio, gli ultras o le cariche dei celerini.
Se poi i delinquenti che mettono a ferro e fuoco le città con il pretesto del pallone vogliono farsi una nuova verginità con il sangue di un povero ragazzo è necessario che siano i giornalisti a sottolineare i "dettagli" per evitare che agli osservatori arrivino messaggi distorti.
Ed allora, ragazzi delle curve, togliete quello striscione ed abbiate più rispetto, dei morti come dei vivi.
Vito Rizzo
lunedì 19 novembre 2007
venerdì 16 novembre 2007
Una pacca alla spallata
161 a 157 non è una partita di basket durata 8 "quarti", è soltanto la votazione del Senato sulla Manovra Finanziaria.
Berlusconi ha tentato fino all'ultimo la "spallata", atteggiamento alquanto scorretto considerato che, vista l'altezza, il suo colpo avrebbe mirato allo stomaco del povero Prodi.
Silvio non aveva considerato che, pur di parare il colpo, Prodi avrebbe fatto di tutto per accontentare i suoi alleati.
E' il momento di svelare il retroscena: immaginate la scena.
Inchinandosi ai diktat dei partitini da zerovirgolaqualcosa, Romano al momento della spallata aveva la testa abbassata proprio nella tradizionale postura da riverenza.
Ora a tutti è nota la testardaggine del professore ed è stata proprio a causa della sua "capatosta" che ad avere la peggio nell'impatto è stata alla fine la spalla del cavaliere.
Povero Silvio, questo non l'aveva proprio calcolato... ed ora tutti a consolarlo con una pacca sulla spalla per la delusione patita.
Attenzione, però, visto l'impatto, l'arto gli fa ancora molto male...
Vito Rizzo
Berlusconi ha tentato fino all'ultimo la "spallata", atteggiamento alquanto scorretto considerato che, vista l'altezza, il suo colpo avrebbe mirato allo stomaco del povero Prodi.
Silvio non aveva considerato che, pur di parare il colpo, Prodi avrebbe fatto di tutto per accontentare i suoi alleati.
E' il momento di svelare il retroscena: immaginate la scena.
Inchinandosi ai diktat dei partitini da zerovirgolaqualcosa, Romano al momento della spallata aveva la testa abbassata proprio nella tradizionale postura da riverenza.
Ora a tutti è nota la testardaggine del professore ed è stata proprio a causa della sua "capatosta" che ad avere la peggio nell'impatto è stata alla fine la spalla del cavaliere.
Povero Silvio, questo non l'aveva proprio calcolato... ed ora tutti a consolarlo con una pacca sulla spalla per la delusione patita.
Attenzione, però, visto l'impatto, l'arto gli fa ancora molto male...
Vito Rizzo
mercoledì 7 novembre 2007
Addio ad Enzo Biagi
Ieri mattina è venuto a mancare Enzo Biagi.
Maestro del giornalismo italiano per stile sobrietà e ironia.
Biagi ha dimostrato a quanti, come me, si avvicinano con passione a questo mestiere alcune linee guida:
- è possibile raccontare tutto, basta saper cogliere il linguaggio adatto;
- è preferibile farlo con semplicità, per rendere il fatto accessibile a tutti;
- è utile farlo con ironia, per cogliere la portata di ciò che si racconta a trecentosessanta gradi;
- è doveroso farlo senza opinioni precostituite o indotte;
- è necessario farlo con dignità, ossia nè con arroganza nè con compiacenza o servilismo.
Per la mia formazione è stato con Indro Montanelli un appuntamento fisso per acquisire e affinare, leggendo loro, uno stile di scrittura e un approccio aperto alla realtà che vive e si anima sotto i nostri occhi. Il gusto di raccontare, la curiosità di cogliere in un particolare, un gesto, un'espressione il senso profondo dell'interlocutore che si ha di fronte.
Vito Rizzo
Maestro del giornalismo italiano per stile sobrietà e ironia.
Biagi ha dimostrato a quanti, come me, si avvicinano con passione a questo mestiere alcune linee guida:
- è possibile raccontare tutto, basta saper cogliere il linguaggio adatto;
- è preferibile farlo con semplicità, per rendere il fatto accessibile a tutti;
- è utile farlo con ironia, per cogliere la portata di ciò che si racconta a trecentosessanta gradi;
- è doveroso farlo senza opinioni precostituite o indotte;
- è necessario farlo con dignità, ossia nè con arroganza nè con compiacenza o servilismo.
Per la mia formazione è stato con Indro Montanelli un appuntamento fisso per acquisire e affinare, leggendo loro, uno stile di scrittura e un approccio aperto alla realtà che vive e si anima sotto i nostri occhi. Il gusto di raccontare, la curiosità di cogliere in un particolare, un gesto, un'espressione il senso profondo dell'interlocutore che si ha di fronte.
Vito Rizzo
lunedì 5 novembre 2007
Altro che marginali
Oggi va in Senato la Finanziaria.
Come al solito nel secondo ramo del parlamento si gioca tutto sul filo di una manciata di voti.
Un gruppetto di senatori o anche un singolo senatore hanno una forza contrattuale che rischia di mandare in crisi il governo, impegnato a sedare le aspirazioni di ciascuna componente per renderle compatibili con l'interesse generale ed il programma dell'esecutivo.
Forze marginali. Soltanto che ormai in politica più della parola conta da tempo la finanza ed infatti se in italiano tra i sinonimi di "marginale" troviamo: insignificante, irrilevante, accessorio, irrisorio, trascurabile, superfluo, risibile, ininfluente; in Economia, invece, il valore dell’unità addizionale vede individuata come unità marginale quella che determina il raggiungimento della soglia di efficienza, la cui produttività è destinata a decrescere soltanto per le unità “superflue”.
Ciascuna di queste componenti sebbene abbia un "ruolo marginale" in termini elettorali (parliamo dello zerovirgolaqualcosa dei consensi) ha in aula un "peso marginale".
Paradosso italico: un peso troppo marginale per forze così marginali...
Come al solito nel secondo ramo del parlamento si gioca tutto sul filo di una manciata di voti.
Un gruppetto di senatori o anche un singolo senatore hanno una forza contrattuale che rischia di mandare in crisi il governo, impegnato a sedare le aspirazioni di ciascuna componente per renderle compatibili con l'interesse generale ed il programma dell'esecutivo.
Forze marginali. Soltanto che ormai in politica più della parola conta da tempo la finanza ed infatti se in italiano tra i sinonimi di "marginale" troviamo: insignificante, irrilevante, accessorio, irrisorio, trascurabile, superfluo, risibile, ininfluente; in Economia, invece, il valore dell’unità addizionale vede individuata come unità marginale quella che determina il raggiungimento della soglia di efficienza, la cui produttività è destinata a decrescere soltanto per le unità “superflue”.
Ciascuna di queste componenti sebbene abbia un "ruolo marginale" in termini elettorali (parliamo dello zerovirgolaqualcosa dei consensi) ha in aula un "peso marginale".
Paradosso italico: un peso troppo marginale per forze così marginali...
martedì 30 ottobre 2007
Una classe di bocciati
I giornali di oggi hanno riportato di una preside di Genova che ha fatto confluire in un'unica classe tutti i bocciati dell'anno precedente.
Mi ha sorpreso molto la levata di scudi contro questa decisione da parte di molti opinionisti della TV e della carta stampata.
Io non ci ho trovato niente di scandaloso, nè mi è venuto di pensare a tentativi di ghettizzazione.
Forse, più semplicemente, la preside ha ritenuto di omogeneizzare in questo modo la preparazione di partenza degli alunni e permettere ai docenti di individuare un percorso di studio in grado di "accompagnare" i ragazzi nell'apprendimento nella maniera più adeguata alle loro esigenze.
E' forse questo l'unico modo di creare una classe di persone che non si sentano escluse in partenza perchè incapaci di colmare il proprio gap e di evitare che, eventualmente, la necessità di aspettare gli ultimi, rallenti l'apprendimento anche di chi fino ad allora ha studiato con maggior profitto.
Possibile che le chiavi di lettura debbano essere sempre animate da dietrologia?
Mi ha sorpreso molto la levata di scudi contro questa decisione da parte di molti opinionisti della TV e della carta stampata.
Io non ci ho trovato niente di scandaloso, nè mi è venuto di pensare a tentativi di ghettizzazione.
Forse, più semplicemente, la preside ha ritenuto di omogeneizzare in questo modo la preparazione di partenza degli alunni e permettere ai docenti di individuare un percorso di studio in grado di "accompagnare" i ragazzi nell'apprendimento nella maniera più adeguata alle loro esigenze.
E' forse questo l'unico modo di creare una classe di persone che non si sentano escluse in partenza perchè incapaci di colmare il proprio gap e di evitare che, eventualmente, la necessità di aspettare gli ultimi, rallenti l'apprendimento anche di chi fino ad allora ha studiato con maggior profitto.
Possibile che le chiavi di lettura debbano essere sempre animate da dietrologia?
domenica 28 ottobre 2007
La legge del contrappasso
27.10.07 Napoli-Juventus 3-1. Questo il dato che verrà scritto sui tabellini degli almanacchi e che muove la classifica.
Un risultato che premia la squadra che ha giocato meglio, ci ha creduto di più e che, quindi, alla fine avrebbe meritato comunque la vittoria.
L'anomalia è come questa vittoria è maturata, con la Vecchia Signora dileggiata dagli errori di un arbitro inadeguato che ha visto due falli da rigore su Lavezzi e Zalayeta che, avrebbero potuto esserci, ma, di fatto, non c'erano.
Per i Napoletani, vincere così lascia un po' l'amaro in bocca: sarebbe stata più bella una vittoria limpida e senza polemiche che, visto il gioco espresso, sarebbe anche probabilmente arrivata.
Ma a pensarci bene, vincere con due rigori fantasma contro la Juve è un po' come ritrovarsi un bel mattino il proprio conto corrente con un milione di euro in più di una inesistente transazione finanziaria per un errore dei fiscalisti di Fininvest che hanno dicitato il tuo numero al posto di uno degli innumerevoli conti off-shore dell'ex premier; è come se un operaio scoprisse che il proprio datore di lavoro ha provato a vivere un mese con 1000 euro e, rimasto in bolletta dopo 20 giorni, ha deciso di dare un aumento stabile di 200 euro in busta paga; è come se dieci Senatori del centrodestra, viste le pressanti offerte (economiche?) di Berlusconi ai colleghi di maggioranza per cambiare casacca, decidessero con uno scatto di orgoglio di votare senza prebende e a scatola chiusa per il sostegno al governo.
Il Napoli ha vinto, l'aumento le operaie del sig. Rossi lo hanno ottenuto, per gli altri due sogni occorre avere ancora un po' di pazienza...
Un risultato che premia la squadra che ha giocato meglio, ci ha creduto di più e che, quindi, alla fine avrebbe meritato comunque la vittoria.
L'anomalia è come questa vittoria è maturata, con la Vecchia Signora dileggiata dagli errori di un arbitro inadeguato che ha visto due falli da rigore su Lavezzi e Zalayeta che, avrebbero potuto esserci, ma, di fatto, non c'erano.
Per i Napoletani, vincere così lascia un po' l'amaro in bocca: sarebbe stata più bella una vittoria limpida e senza polemiche che, visto il gioco espresso, sarebbe anche probabilmente arrivata.
Ma a pensarci bene, vincere con due rigori fantasma contro la Juve è un po' come ritrovarsi un bel mattino il proprio conto corrente con un milione di euro in più di una inesistente transazione finanziaria per un errore dei fiscalisti di Fininvest che hanno dicitato il tuo numero al posto di uno degli innumerevoli conti off-shore dell'ex premier; è come se un operaio scoprisse che il proprio datore di lavoro ha provato a vivere un mese con 1000 euro e, rimasto in bolletta dopo 20 giorni, ha deciso di dare un aumento stabile di 200 euro in busta paga; è come se dieci Senatori del centrodestra, viste le pressanti offerte (economiche?) di Berlusconi ai colleghi di maggioranza per cambiare casacca, decidessero con uno scatto di orgoglio di votare senza prebende e a scatola chiusa per il sostegno al governo.
Il Napoli ha vinto, l'aumento le operaie del sig. Rossi lo hanno ottenuto, per gli altri due sogni occorre avere ancora un po' di pazienza...
martedì 23 ottobre 2007
Speriamo che sia femmina, o forse no...
Amava ripetere il mio professore di greco al Liceo che "i conti tornano sempre, le contesse mai"
Vuoi vedere che il Partito Democratico in Campania è nato donna?
Vito Rizzo
Vuoi vedere che il Partito Democratico in Campania è nato donna?
Vito Rizzo
venerdì 19 ottobre 2007
La risposta a Masaniello: in fila con un euro in mano
D'accordo, un'affluenza di tremilionitrecentomila persone, trecentomila e passa in Campania, per le Primarie del PD era difficile prevederla in questo clima di antipolitica e vaffaday.
Ma bisogna ritornare al “1984” di orwelliana memoria per trovare un riscontro al principio aritmetico del 2+2=5.
Ma bisogna ritornare al “1984” di orwelliana memoria per trovare un riscontro al principio aritmetico del 2+2=5.
La sera di domenica 14 ottobre, secondo le proiezioni dei comitati elettorali dei candidati campani i dati percentuali, tra il 52 % di Iannuzzi, il 30 % di Piccolo, il 19 % di De Francescis ed il 14 % di Mazzarella, davano gli aspiranti alla segreteria ad un improbabile 115 % dei voti realmenti espressi. A questa carica d'apparato, la risposta, paradossalmente, l'hanno data proprio quelle centinaia di migliaia di persone che, mettendosi in fila, con un euro in mano, hanno voluto dare un'autentica scossa all'intera classe politica italiana.
Una partecipazione più forte di un qualsiasi Masaniello, sia esso sudato o in doppiopetto.
E' così che la nascita del Partito Democratico, animata da milioni di cittadini, ha trasformato quella che ai più sembrava una fusione a freddo tra DS e Margherita nel primo originale fenomeno politico popolare del terzo millennio.
E' così che la nascita del Partito Democratico, animata da milioni di cittadini, ha trasformato quella che ai più sembrava una fusione a freddo tra DS e Margherita nel primo originale fenomeno politico popolare del terzo millennio.
L'Italia si è fatta laboratorio politico in grado di segnare il passo sullo stesso scenario continentale, creando un naturale smottamento nelle famiglie tradizionali europee.
Lascia riflettere, piuttosto, che, nonostante i buoni propositi, sul fronte “liberale” non si sia ancora abbastanza “liberi” da osare altrettanto.
Vito Rizzo
lunedì 15 ottobre 2007
Tre milioni
Tre milioni e trecentomila persone in Italia si sono messe in fila, con un euro in mano, ancora una volta, per sforzarsi di credere al valore della partecipazione democratica.
C'è stata la politica e l'antipolitica in coda a quei seggi, disseminati lungo lo stivale.
C'è la voglia di rispondere con un Vaffa di qualche settimana fa, ma al tempo stesso la consapevolezza che non sarebbe giusto, etico, civico arrendersi al disamore che provoca la Casta.
Ed allora tutti in fila, di nuovo, per dare una lezione alla classe politica, paradossalmente ... votandola un'altra volta.
Una mozione morale di quanti non hanno voluto lasciar scappare l'occasione di dire la propria sulla nascita del primo vero grande partito popolare del nuovo secolo.
E' questo il Partito Democratico, è questo il pensare democratico, è questa la passione civica di chi vuole credere che un'alternativa c'è sempre. Nonostante tutto.
Nonostante le lotte fratricida e l'insofferenza, la malapolitica e i soprusi, l'autoreferenzialità e la noncuranza.
Nonostante tutto ciò, ancora una volta, il popolo ha saputo dare una lezione di civiltà, mettendosi in fila, con un euro in mano, per dire la propria e far suonare nelle orecchie della politica questa fragorosa, ennesima, sveglia.
C'è stata la politica e l'antipolitica in coda a quei seggi, disseminati lungo lo stivale.
C'è la voglia di rispondere con un Vaffa di qualche settimana fa, ma al tempo stesso la consapevolezza che non sarebbe giusto, etico, civico arrendersi al disamore che provoca la Casta.
Ed allora tutti in fila, di nuovo, per dare una lezione alla classe politica, paradossalmente ... votandola un'altra volta.
Una mozione morale di quanti non hanno voluto lasciar scappare l'occasione di dire la propria sulla nascita del primo vero grande partito popolare del nuovo secolo.
E' questo il Partito Democratico, è questo il pensare democratico, è questa la passione civica di chi vuole credere che un'alternativa c'è sempre. Nonostante tutto.
Nonostante le lotte fratricida e l'insofferenza, la malapolitica e i soprusi, l'autoreferenzialità e la noncuranza.
Nonostante tutto ciò, ancora una volta, il popolo ha saputo dare una lezione di civiltà, mettendosi in fila, con un euro in mano, per dire la propria e far suonare nelle orecchie della politica questa fragorosa, ennesima, sveglia.
venerdì 12 ottobre 2007
Verso le Primarie in Campania
Dialogo di un venditore di voti e di un passeggere
Vend. Voti, voti nuovi. Bisognano, signore, voti per le prossime primarie?
Pass. Voti per le Primarie?
Vend. Sì signore.
Pass. Credete che sia necessario?
Vend. O illustrissimo, sì, certo.
Pass. Come accade alle elezioni normali?
Vend. Più più assai.
Pass. Come quelle comunali?
Vend. Più più, illustrissimo.
Pass. Ma se i risultati sono già scontati. Sono tutti con il candidato condiviso.
Vend. Signor no, non è così.
Pass. E’ vero ci sono anche altri candidati ma con uno è schierato tutto l’apparato della prima e delle seconda repubblica.
Vend. Ma se anche Napoli ha due propri candidati alternativi. Lasciamo stare il professore, ma l’latro non fa sempre parte del potere costituito?
Pass. Sì, ma l’apparato si è schierato.
Vend. Ma non siamo più nel 2005.
Pass. Che vuol dire?
Vend. Non vi ricordate cosa è successo? Allora sì, stavano tutti dalla stessa parte.
Pass. Ricordo. Tutto il centrosinistra schierato compatto.
Vend. Ancora credete a destra e sinistra.
Pass. Perché la stagione dei Sindaci non nacque perché ci fu la svolta a sinistra?
Vend. Non siamo più nel 1993.
Pass. Questo lo so bene. Ma che c’entra con gli schieramenti.
Vend. Eh, caro signore, lei pensa ancora a destra e sinistra, quando io dico tutti, dico i buoni e i malamente; ma secondo lei io in questi quindici anni sono stato disoccupato?
Pass. Non so che occupazione abbia.
Vend. Non mi vede. Secondo lei certi successi si raggiungono senza chiedere una mano anche a quelli come me.
Pass. Ma se anche fosse, non vedo come è possibile sovvertire gli equilibri di potere se l’apparato è tutto dalla stessa parte.
Vend. Ne è così sicuro?
Pass. Certo i leader stanno assieme.
Vend. Forse i leader, ma guardi un po’ i vice. Il potere si è diviso e si sono fatti entrare anche i miei clienti. Si è barattata la governabilità con qualche disservizio ad uso e consumo dei miei amici ed ora, con il livello di guardia nell’opinione pubblica superato da tempo, lei pensa che i miei amici aspettino che la nave affondi?
Pass. Forse inizio a capire. I suoi amici hanno prima infettato ed ora abbandonano la nave.
Vend. E non possono certo stare fermi senza fare niente.
Pass. Lei mi sta dicendo che i suoi amici si stanno ricollocando, e come?
Vend. Basta candidare qualcuno in qualche lista, o non far candidare qualcuno in altre per tenere le mani libere.
Pass. E lei, lei a chi vende questi voti?
Vend. Fino all’ultimo momento è sempre possibile fare qualcosa. Anche se basta leggere le candidature e le alleanze per capire dove conviene andarsi a tutelare.
Pass. Guardi, mi ha convinto. Pensavo di restare indeciso fino alla fine su chi votare ma ora non ho più dubbi. Domenica me ne vado al mare.
Vend. Voti, voti nuovi. Bisognano, signore, voti per le prossime primarie?
Pass. Voti per le Primarie?
Vend. Sì signore.
Pass. Credete che sia necessario?
Vend. O illustrissimo, sì, certo.
Pass. Come accade alle elezioni normali?
Vend. Più più assai.
Pass. Come quelle comunali?
Vend. Più più, illustrissimo.
Pass. Ma se i risultati sono già scontati. Sono tutti con il candidato condiviso.
Vend. Signor no, non è così.
Pass. E’ vero ci sono anche altri candidati ma con uno è schierato tutto l’apparato della prima e delle seconda repubblica.
Vend. Ma se anche Napoli ha due propri candidati alternativi. Lasciamo stare il professore, ma l’latro non fa sempre parte del potere costituito?
Pass. Sì, ma l’apparato si è schierato.
Vend. Ma non siamo più nel 2005.
Pass. Che vuol dire?
Vend. Non vi ricordate cosa è successo? Allora sì, stavano tutti dalla stessa parte.
Pass. Ricordo. Tutto il centrosinistra schierato compatto.
Vend. Ancora credete a destra e sinistra.
Pass. Perché la stagione dei Sindaci non nacque perché ci fu la svolta a sinistra?
Vend. Non siamo più nel 1993.
Pass. Questo lo so bene. Ma che c’entra con gli schieramenti.
Vend. Eh, caro signore, lei pensa ancora a destra e sinistra, quando io dico tutti, dico i buoni e i malamente; ma secondo lei io in questi quindici anni sono stato disoccupato?
Pass. Non so che occupazione abbia.
Vend. Non mi vede. Secondo lei certi successi si raggiungono senza chiedere una mano anche a quelli come me.
Pass. Ma se anche fosse, non vedo come è possibile sovvertire gli equilibri di potere se l’apparato è tutto dalla stessa parte.
Vend. Ne è così sicuro?
Pass. Certo i leader stanno assieme.
Vend. Forse i leader, ma guardi un po’ i vice. Il potere si è diviso e si sono fatti entrare anche i miei clienti. Si è barattata la governabilità con qualche disservizio ad uso e consumo dei miei amici ed ora, con il livello di guardia nell’opinione pubblica superato da tempo, lei pensa che i miei amici aspettino che la nave affondi?
Pass. Forse inizio a capire. I suoi amici hanno prima infettato ed ora abbandonano la nave.
Vend. E non possono certo stare fermi senza fare niente.
Pass. Lei mi sta dicendo che i suoi amici si stanno ricollocando, e come?
Vend. Basta candidare qualcuno in qualche lista, o non far candidare qualcuno in altre per tenere le mani libere.
Pass. E lei, lei a chi vende questi voti?
Vend. Fino all’ultimo momento è sempre possibile fare qualcosa. Anche se basta leggere le candidature e le alleanze per capire dove conviene andarsi a tutelare.
Pass. Guardi, mi ha convinto. Pensavo di restare indeciso fino alla fine su chi votare ma ora non ho più dubbi. Domenica me ne vado al mare.
giovedì 11 ottobre 2007
La forza delle idee
La forza di portare avanti le proprie idee è ciò che distingue i coraggiosi dagli ignavi, i condottieri dai cortigiani, le persone di carattere dagli opportunisti della prima o dell’ultim’ora.
Ma la forza alle idee la danno anche il carisma degli uomini che le partoriscono e la loro capacità di perfezionarle, di renderle serie, credibili, condivisibili e, poi, condivise.
“Il valore di una frase risiede nella personalità di chi la pronuncia, perché nulla di nuovo può essere detto da creatura umana.” Lo scriveva Joseph Conrad.
E’ probabile che sia così, ma da che cosa nasce la capacità e il carisma di costruirsi e rendere riconoscibili la propria personalità?
Un noto adagio ricorda sempre che “la forza non è di chi non cade ma è di chi, cadendo, ha poi la forza di rialzarsi.”
Le idee seguono la stessa logica. La loro forza è la forza che deriva non dal postularle perfette e inattaccabili, ma dall’essere noi i primi a metterle in discussione, per scoprirne i punti deboli e dare alle stesse la forza della maturità che deriva dall’analisi.
Non sono forti le idee di chi non accetta interlocutori, di chi vive sempre sul “chi va la?”, di chi rifugge da un’analisi critica delle sue opinioni, dalle obiezioni o dai suggerimenti.
La vera ignavia è di chi crea un muro invalicabile, fatto alle volte dall’autorità o dal potere datogli da un ruolo o una posizione, che gli fa argine verso qualunque dubbio possa incrinare le sue “granitiche certezze”.
E’ bene diffidare di chi si veste di autorità ad ogni costo: ha paura che le sue idee possano non essere convincenti.
L’autorevolezza dell’uomo e la forza dell’idea di cui questi si fa interprete è tutt’altro.
La prima è frutto del carisma e, sì, della personalità; la seconda deriva dalla capacità di questi di averla rodata attraverso l’esperienza e le prove della vita, attraverso l’attenzione al confronto e allo scontro. Soltanto dopo questo percorso l’idea è matura per essere vissuta pienamente e condivisa.
Chi non ama il dubbio, lo teme; chi teme il dubbio, lo subisce, e chi lo subisce dimostra nei fatti la propria incapacità di vivere pienamente la vita.
E non esiste un’idea forte che sia estranea alla vita, alla vita vera.
Ecco perché è importante vivere appieno tutte le fasi della maturità di un’idea: innanzitutto averla, metterla in discussione, parteciparla, migliorarla e poi viverla pienamente e con forza. Chi rinuncia alla prima parte di questo processo indossa solo una maschera che cadrà al primo soffio di vento; chi dal dubbio non riesce a trarre spunto per completarsi e migliorarsi ma si abbandona inerme, resta in balia dei venti nel mare della vita senza avere la capacità di “fare la rotta” e di individuare l’approdo.
...buon viaggio a tutti...
Ma la forza alle idee la danno anche il carisma degli uomini che le partoriscono e la loro capacità di perfezionarle, di renderle serie, credibili, condivisibili e, poi, condivise.
“Il valore di una frase risiede nella personalità di chi la pronuncia, perché nulla di nuovo può essere detto da creatura umana.” Lo scriveva Joseph Conrad.
E’ probabile che sia così, ma da che cosa nasce la capacità e il carisma di costruirsi e rendere riconoscibili la propria personalità?
Un noto adagio ricorda sempre che “la forza non è di chi non cade ma è di chi, cadendo, ha poi la forza di rialzarsi.”
Le idee seguono la stessa logica. La loro forza è la forza che deriva non dal postularle perfette e inattaccabili, ma dall’essere noi i primi a metterle in discussione, per scoprirne i punti deboli e dare alle stesse la forza della maturità che deriva dall’analisi.
Non sono forti le idee di chi non accetta interlocutori, di chi vive sempre sul “chi va la?”, di chi rifugge da un’analisi critica delle sue opinioni, dalle obiezioni o dai suggerimenti.
La vera ignavia è di chi crea un muro invalicabile, fatto alle volte dall’autorità o dal potere datogli da un ruolo o una posizione, che gli fa argine verso qualunque dubbio possa incrinare le sue “granitiche certezze”.
E’ bene diffidare di chi si veste di autorità ad ogni costo: ha paura che le sue idee possano non essere convincenti.
L’autorevolezza dell’uomo e la forza dell’idea di cui questi si fa interprete è tutt’altro.
La prima è frutto del carisma e, sì, della personalità; la seconda deriva dalla capacità di questi di averla rodata attraverso l’esperienza e le prove della vita, attraverso l’attenzione al confronto e allo scontro. Soltanto dopo questo percorso l’idea è matura per essere vissuta pienamente e condivisa.
Chi non ama il dubbio, lo teme; chi teme il dubbio, lo subisce, e chi lo subisce dimostra nei fatti la propria incapacità di vivere pienamente la vita.
E non esiste un’idea forte che sia estranea alla vita, alla vita vera.
Ecco perché è importante vivere appieno tutte le fasi della maturità di un’idea: innanzitutto averla, metterla in discussione, parteciparla, migliorarla e poi viverla pienamente e con forza. Chi rinuncia alla prima parte di questo processo indossa solo una maschera che cadrà al primo soffio di vento; chi dal dubbio non riesce a trarre spunto per completarsi e migliorarsi ma si abbandona inerme, resta in balia dei venti nel mare della vita senza avere la capacità di “fare la rotta” e di individuare l’approdo.
...buon viaggio a tutti...
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